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LA LETTERA/ Carlo Sama, ex amministratore Montedison, interviene sulla vicenda Ferfin e l’operato di Mediobanca
«Il gruppo Ferruzzi era sano. La famiglia doveva essere aiutata»
10/07/2004 - batch
Corsera di domenica 01 aprile 2001

Caro Direttore, ho letto con grande interesse l’articolo del Corriere a firma di Alessandro Penati e Luigi Zingales sulla «Ferruzzi».
Ritengo, tuttavia, che contenga alcuni importanti errori e lacune. Le chiedo pertanto di voler pubblicare questo mio scritto che si vuole solo limitare a indicare i temi mancanti.
Non risponde assolutamente a verità che Mediobanca dopo il 4 giugno 1993 abbia gestito il gruppo Ferruzzi assumendo il ruolo di «protettore delle grandi famiglie del capitalismo», comprendendo in tale novero la famiglia Ferruzzi.
Mediobanca s’impadronì della gestione e poi della proprietà del gruppo contro la famiglia Ferruzzi, costretta a sottoscrivere in favore di Mediobanca un mandato incondizionato dopo che le banche con cui il gruppo operava istituzionalmente, «coordinate» da Mediobanca «avevano bloccato tutti i conti di tutte le società, compresi i depositi attivi!».
Fu uno scontro per noi terribile: le società del gruppo, i cui vertici vennero immediatamente azzerati e ricostituiti secondo il beneplacito di Mediobanca, promossero azioni di responsabilità eseguendo sequestri che bloccarono il residuo patrimonio personale della famiglia Ferruzzi, contemporaneamente sottoposta alle indagini penali ed altre misure cautelari delle Procure di Milano e Ravenna. I Ferruzzi nel maggio del ’93 volevano percorrere altre strade sostenuti da grandi banche estere (Goldman Sachs), ma non fu loro permesso.
Basti leggere cosa si disse nel comitato esecutivo del Credito Italiano il 18 giugno 1993: «Prima della ricezione delle 2 missive ricordate (i mandati alle Banche) s’era corso il pericolo di veder attuato un certo orientamento del gruppo Ferruzzi e cioè di conferire l’incarico di ideare ed attuare il piano di risanamento a una merchant bank (Goldman Sachs) non del tutto gradita alle banche creditrici. L’accennata merchant bank sarebbe stata intenzionata..... di chiedere una ricapitalizzazione della Serafino Ferruzzi s.r.l. con la conseguenza che il sistema bancario poteva rimanere escluso dal controllo dell’universo di società che fanno capo alla Serafino Ferruzzi s.r.l.».
Altro che protetti: fummo esautorati, processati, e infine espropriati! Mediobanca giunse al punto, credo sia un profilo straordinario di questa vicenda, di riscrivere il mandato del 4 giugno, falsamente retrodatandolo. Non fu una nostra scelta di privilegiare Ferfin-Montedison a discapito dei creditori della società, ma di chi, dopo il cosiddetto riassetto, da secondo azionista del gruppo, ne divenne il primo: Mediobanca.
Ci si consenta, si tratta di un esito a dir poco anomalo, come oggi ha ritenuto anche un soggetto terzo al di sopra di ogni sospetto: mi riferisco alla relazione sul caso Ferfin-Montedison pubblicata dall’Antitrust nell’ambito dello studio «Indagine conoscitiva sui servizi di finanza aziendale», relazione che, magari a puntate, varrebbe la pena forse di pubblicare sulla stampa economica. Per comprendere appieno questo passaggio occorre colmare un’altra importante lacuna contenuta nell’articolo: dopo il riassetto attuato da Mediobanca non un’azione Ferfin-Montedison è rimasta alla famiglia Ferruzzi che senz’altro avrebbe privilegiato radicali dismissioni nell’intento di conservare parte del proprio patrimonio.
Le scelte furono diverse: evidentemente chi si apprestava a divenire il primo azionista, condividendo il disegno industriale che aveva plasmato il gruppo, ne volle mantenere l’unità ritenendo, par di capire erroneamente, secondo gli attuali sviluppi e secondo Penati e Zingales, di essere all’altezza del compito che così si assumeva. Un’ultima importante «rettifica»: mai la Ferfin-Montedison o l’allora controllante Serafino Ferruzzi si dichiararono o furono dichiarate insolventi. Erano società a capo di un gruppo sano per quanto indebitato; per questo «faceva gola» a molti.
Basti guardare che, a differenza di quanto accadeva proprio in quegli anni al gruppo Fiat (nel rapporto sopracitato si legge che «dai dati semestrali risultava che a fine giugno 1993 l’indebitamento finanziario della Fiat aveva raggiunto quasi 30.000 miliardi e che i cash flow , notevolmente inferiori rispetto ai valori registrati negli anni precedenti, risultavano insufficienti per sostenere l’attività dell’impresa e che nei primi sei mesi del 1993 l’azienda aveva già utilizzato risorse finanziarie che superavano di quattro volte il cash flow registrato nello stesso periodo e la posizione finanziaria netta risultava pertanto in deficit per circa 7.000 miliardi»), i margini operativi lordi delle società del gruppo Ferfin-Montedison rimasero sempre positivi anzi, proprio nel primo semestre del 1993, il trend positivo s’incrementò in modo notevolissimo.
Proprio per questo la famiglia Ferruzzi doveva e poteva essere aiutata da Mediobanca e dalle altre banche creditrici, ma, come dappertutto, anche tra le grandi famiglie del capitalismo italiano ve ne sono alcune «più uguali delle altre».
Carlo Sama

categoria: Leggi Normativa e Altro | fonte: Corsera di domenica 01 aprile 2001
parole chiave: LA LETTERA/ Carlo Sama, ex amministratore Montedison, interviene sulla vicenda Ferfin e l’operato di Mediobanca



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